giovedì 18 marzo 2010

Monumenti

La fisionomia del paese è fortemente caratterizzata dalla Parrocchiale di San Donato, edificata nel 1931-’32 dove sorgevano la precedente canonica e l’antica confraternita di San Bernardino. Nell’abside si conserva il trittico di Jacopino Longo raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Giacomo e Donato (1546). Il quadro venne rubato da ignoti nel marzo del 1997, ma nel dicembre 2000 venne riconsegnato alla nostra comunità dal Comando dei Carabinieri di Savigliano. Di particolare interesse è l’organo a canne costruito per l’antica parrocchiale nel 1898 dall’organaro Antonio Mola. La nuova Parrocchiale, resasi necessaria per sopperire alla scarsa capienza e ai numerosi problemi strutturali di quella più antica, nacque dalla volontà dell’allora parroco don Teobaldo Massasso e dagli enormi sacrifici di tutti Pralormesi. Circa questi ultimi si ricorda che tutti contribuirono come poterono: chi portando sabbia e ghiaia dal torrente Rio Verde, chi scavando le fondamenta e, per finire, chi donando il ricavo dei commerci domestici.



Poco distante si trova l’Antica parrocchiale costruita tra la fine del XVII e i primi anni del XVIII secolo, attualmente in parziale stato di abbandono.




Poco distante si trova il Castello Beraudo di Pralormo, la cui prima costruzione risale al XIII secolo come parte del sistema di fortificazioni di questa zona del Piemonte contesa tra Asti e i Biandrate. Lo possedettero i Gorzano, i Pelletta e dopo la definitiva vittoria di Asti, Manfredo Roero ed i suoi discendenti. Nel 1680 Giacomo Beraudo acquisì il terzo del castello posto verso sud e venne investito del titolo di conte dalla reggente Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours.
Nel 1730 circa venne edificata la cappella dall’architetto Galletti, poi sopraelevata con un bel salone affrescato. Ma è da attribuire al conte Carlo Beraudo la ristrutturazione dell’intero edificio, affidata nel 1840 all’architetto di corte Ernesto Melano. In quest’opera di ammodernamento vennero aboliti il fossato ed il ponte levatoio, costruiti il portico d’ingresso, un grandioso scalone e venne coperto il cortile centrale, trasformato in salone a doppia altezza. In quella stessa epoca il piccolo giardino di rose, sul lato sud citato già nel XVI sec. venne trasformato in parco all’inglese ad opera dell’architetto Xavier Kurten.
Sul finire del secolo il nipote del ministro fece edificare l’Orangerie, la grandiosa cascina e la serra in vetro e ferro opera dei fratelli Lefevre di Parigi.




Nel mezzo del panoramico percorso che lega le due costruzioni sorge la torre di segnalazione del XIII secolo, successivamente trasformata in Torre campanaria e in tempi moderni in torre dell’orologio. E’ curioso sapere che il primo orologio montato sull’edificio risale al dicembre 1749 quando il sindaco e la comunità decisero di acquistarne uno. Nella compravendita intervenne il Conte Beraudo il quale riuscì a trovare un orologio “di seconda mano”, peraltro in ottimo stato e “a poco prezzo”. L’orologio proveniva dai Padri della Certosa di Collegno, che avevano deciso di disfarsene perché troppo rumoroso per le esigenze del convento.




Scendendo dalla vila verso le jiere, la parte bassa del paese, incontriamo un antica villa, Palazzo Ferreri, meglio conosciuta, a seconda delle generazioni, come “Ca’ d’ Fassio” o “Ca’ del Masche”: oggi è in parte destinata ad uso ricettivo. La storia di questa villa sembra risalire alla metà del ‘700, quando veniva ancora adibita ad avamposto delle guardie del castello. Dato certo fu l’acquisto da parte del cavelier Alberto Ferreri, presunto figliastro del Re e Sindaco di PRalormo, il quale si adoperò nella seconda metà dell’Ottocento in un profondo intervento di ristrutturazione: fece realizzare il parco e recuperare le scuderie ma soprattutto fece costruire il salone delle feste, con la volta del soffitto affrescata dai rinomati F.lli Mossello di Montà d’Alba. Alla morte di questo la casa passò alla famiglia Blanc, lontani parenti del Cavalier Ferreri. Successivamente, e fino allo scoppio della II guerra mondiale la casa venne utilizzata quale caserma dei Carabinieri, dalle truppe tedesche e dalle brigate partigiane durante il secondo conflitto mondiale.




Dalla SP 134, ad 1 km circa dal paese, in direzione Cellarengo, si può imboccare a destra una carrareccia sterrata, al termine della quale sorge il Pilone Votivo di San Donato, Santo patrono del Paese. Le prime notizie risalgono al 1662 quando viene citato come “antica parrocchiale”, a testimonianza della presenza dell’antico nucleo abitato. L’attuale architettura risale al 1874, quando venne ricostruito l’edificio a spese del Comune dopo che nel 1872 venne demolita la costruzione originaria perchè oramai fatiscente.




Proseguendo lungo la SR 29 in direzione sud verso Montà d’Alba troviamo l’indicazione per il Santuario della Beata Vergine della Spina: voluto, secondo la tradizione, dalla devozione popolare, venne costruito dopo che un’immagine della Vergine dipinta su un pilone e graffiata ad un occhio da uno spino, emise sangue.
I primi cenni storici si ricavano dalla relazione della visita pastorale del Vescovo di Asti Mons. Domenico della Rovere effettuata nel 1585. In essa si parla di gran concorso di popolo a motivo dei molti miracoli operati e si descrivono due altari presso i quali si celebrava la Messa. Da un bollettino parrocchiale, redatto da Don Carlo Pressenda rettore del Santuario nel 1925, si apprende che l’altare maggiore fu costruito nel 1632. La chiesa fu custodita da diversi ordini religiosi che abitarono nell’attiguo monastero, di cui si possono citare i Trinitari (1639-1652), i Cistercensi (1681-1797). L’edificio del monastero venne costruito a metà del Seicento su terreni donati da Gaspare Petrina, signore del luogo. Dal 1797 al 1833 il monastero appartenne ad un certo Giuseppe Farò di Torino.
Nel 1833 fu acquistato dai Marchesi Ferrero della Marmora. Nel 1877 Don Elia Francesco, in riconoscenza per l’ottenuta guarigione da una lunga malattia, risanò la Chiesa affidando il rinnovo delle pitture interne a un famoso pittore della zona, Felice Barucco, che dipinse le figure ai lati quadro della Beata Vergine e le volte. All’inizio del ‘900 il monastero passò alle figlie di San Filippo. Sono da attribuire a don Rodolfo Piglione i lavori di restauro che modificarono sensibilmente la facciata del santuario a cui vennero aggiunti i due campanili e il piccolo portico, inoltre venne abbattuta la cupola conica posta sul campanile cilindrico. Dal 1991 la proprietà è delle Suore Adoratrici del Cottolengo. La festa della Beata Vergine della Spina si celebra il 15 Agosto con la solennità dell’Assunta.


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